Nonostante le difficoltà del settore, l’allevamento in montagna sta riscuotendo in Italia e in Piemonte una particolare e rinnovata attenzione, anche da parte di numerosi giovani. L’interesse per questo genere di attività si ricollega alla percezione tanto degli effetti benefici a favore dell’ambiente, quanto delle caratteristiche nutrizionali dei prodotti ottenibili (latte, carne e derivati), nonché di molte altre ricadute di natura multifunzionale, come ad esempio le attività che prevedono un contatto con il pubblico (accoglienza, didattica, ecc.). Per gli addetti ai lavori, la pubblicazione di alcuni dati nella primavera del 2012 riguardanti il crescente interesse per la pastorizia non ha rappresentato una novità. Infatti, secondo la Coldiretti, dall’interpretazione dei dati Istat (XV Censimento generale) del 2011, sarebbero tremila i giovani al di sotto dei 35 anni in Italia che hanno scelto di mettersi alla guida di un gregge, in gran parte per dare continuità all’attività di famiglia, ma anche aprendo nuove aziende. Il loro apporto sembra dare nuovo impulso al settore: il 78% dei giovani allevatori investe sul miglioramento delle strutture, dei prodotti aziendali e sulle nuove formule commerciali, come la vendita diretta e on line. Quello che pare un vero e proprio fenomeno di “ritorno”, sulla base di interviste effettuate nel corso del progetto di ricerca e sviluppo ProPast “Sostenibilità dell’allevamento pastorale: individuazione e attuazione di linee di intervento e di supporto”, richiede tuttavia approfondimenti. Attualmente, infatti, complice la crisi economica, si assiste ad un duplice fenomeno: da una parte, nelle famiglie di allevatori per tradizione, non si sconsiglia più ai giovani, come avveniva negli ultimi decenni, di praticare il mestiere di pastore indirizzandoli piuttosto a impieghi più gratificanti economicamente e meno impegnativi. Dall’altra, vi sono giovani che scelgono l’attività pastorale alla ricerca di un lavoro di tipo indipendente che li porti al contatto con la natura e alla lavorazione di prodotti agroalimentari di “qualità”. Per verificare il fenomeno del “ritorno alla pastorizia” delle nuove generazioni, per valorizzare l’attività di allevamento ovicaprino in montagna e per avvicinare un pubblico ampio a questi temi, il progetto ProPast ha previsto la produzione di un film documentario in corso di realizzazione, che va ad affiancarsi a un libro divulgativo di recente pubblicazione. L’indagine piemontese ha messo in evidenza lacune di conoscenze da parte del pubblico sulla figura del pastore, che appare ancora fortemente legata a stereotipi che oscillano dall’immaginario romantico al pregiudizio negativo. Attraverso la raccolta e la narrazione di storie di pastori si è inteso mostrare come la pastorizia contemporanea sia un’attività ancora profondamente radicata nelle pratiche tramandate di generazione in generazione, ma capace di rinnovarsi grazie all’apporto dei giovani impegnati nel settore. Raccontare le storie dei pastori che conoscono e usano il territorio con profonda competenza è un modo per esplorare un sistema che va oltre la pastorizia in senso professionale: è rispetto per i luoghi, per gli animali, attenzione alla qualità della vita, economia sostenibile. Le storie raccolte riguardano nomadismi e sedentarietà, famiglie e singoli allevatori, “nuovi” e “vecchi” abitanti della montagna, giovani e anziani, fatica, soddisfazione, paura, burocrazia, caparbietà, orgoglio, lavoro, passione.
Restare, tornare, resistere: storie di giovani pastori nelle montagne piemontesi
PORCELLANA, Valentina;
2013-01-01
Abstract
Nonostante le difficoltà del settore, l’allevamento in montagna sta riscuotendo in Italia e in Piemonte una particolare e rinnovata attenzione, anche da parte di numerosi giovani. L’interesse per questo genere di attività si ricollega alla percezione tanto degli effetti benefici a favore dell’ambiente, quanto delle caratteristiche nutrizionali dei prodotti ottenibili (latte, carne e derivati), nonché di molte altre ricadute di natura multifunzionale, come ad esempio le attività che prevedono un contatto con il pubblico (accoglienza, didattica, ecc.). Per gli addetti ai lavori, la pubblicazione di alcuni dati nella primavera del 2012 riguardanti il crescente interesse per la pastorizia non ha rappresentato una novità. Infatti, secondo la Coldiretti, dall’interpretazione dei dati Istat (XV Censimento generale) del 2011, sarebbero tremila i giovani al di sotto dei 35 anni in Italia che hanno scelto di mettersi alla guida di un gregge, in gran parte per dare continuità all’attività di famiglia, ma anche aprendo nuove aziende. Il loro apporto sembra dare nuovo impulso al settore: il 78% dei giovani allevatori investe sul miglioramento delle strutture, dei prodotti aziendali e sulle nuove formule commerciali, come la vendita diretta e on line. Quello che pare un vero e proprio fenomeno di “ritorno”, sulla base di interviste effettuate nel corso del progetto di ricerca e sviluppo ProPast “Sostenibilità dell’allevamento pastorale: individuazione e attuazione di linee di intervento e di supporto”, richiede tuttavia approfondimenti. Attualmente, infatti, complice la crisi economica, si assiste ad un duplice fenomeno: da una parte, nelle famiglie di allevatori per tradizione, non si sconsiglia più ai giovani, come avveniva negli ultimi decenni, di praticare il mestiere di pastore indirizzandoli piuttosto a impieghi più gratificanti economicamente e meno impegnativi. Dall’altra, vi sono giovani che scelgono l’attività pastorale alla ricerca di un lavoro di tipo indipendente che li porti al contatto con la natura e alla lavorazione di prodotti agroalimentari di “qualità”. Per verificare il fenomeno del “ritorno alla pastorizia” delle nuove generazioni, per valorizzare l’attività di allevamento ovicaprino in montagna e per avvicinare un pubblico ampio a questi temi, il progetto ProPast ha previsto la produzione di un film documentario in corso di realizzazione, che va ad affiancarsi a un libro divulgativo di recente pubblicazione. L’indagine piemontese ha messo in evidenza lacune di conoscenze da parte del pubblico sulla figura del pastore, che appare ancora fortemente legata a stereotipi che oscillano dall’immaginario romantico al pregiudizio negativo. Attraverso la raccolta e la narrazione di storie di pastori si è inteso mostrare come la pastorizia contemporanea sia un’attività ancora profondamente radicata nelle pratiche tramandate di generazione in generazione, ma capace di rinnovarsi grazie all’apporto dei giovani impegnati nel settore. Raccontare le storie dei pastori che conoscono e usano il territorio con profonda competenza è un modo per esplorare un sistema che va oltre la pastorizia in senso professionale: è rispetto per i luoghi, per gli animali, attenzione alla qualità della vita, economia sostenibile. Le storie raccolte riguardano nomadismi e sedentarietà, famiglie e singoli allevatori, “nuovi” e “vecchi” abitanti della montagna, giovani e anziani, fatica, soddisfazione, paura, burocrazia, caparbietà, orgoglio, lavoro, passione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.