Lo ricordava già Plinio il giovane: ciò che può sfuggire ad una normale lettura, difficilmente sfugge quando si traduce un testo. Se il brano con cui il traduttore si cimenta è un classico antico e moderno, ogni nuova traduzione può comportare una scoperta di elementi che la critica tradizionale non ha saputo rintracciare: significati che emergono solo attraverso quella singolare lente d’ingrandimento semantica che è il processo traduttivo. L’intensa focalizzazione sull’originale e sulla sua versione in una lingua differente, l’impegnativa riflessione che il lavoro del traduttore implica, d’altro canto, possono anche spingere ad una concentrazione sul testo che non di rado rischia di essere totalizzante. Ciò che avviene —e lo sa bene chi ha lavorato su opere di dimensioni cospicue— è che ci si concentra sulla pagina, sulla frase o sul paragrafo, per poi magari scorrere testo di partenza e traduzione per ritrovare come si è resa un’espressione simile in precedenza. Quasi paradossalmente, però, quello che si rischia di tralasciare è il contesto “fisico” dell’opera, il volume che ci sta di fronte (spesso, ma non sempre, un’edizione critica) nella sua totalità. L’esperienza di traduzione dalle Poesie inglesi di Tommaso Moro, come si intende illustrare, dimostra come un approccio più radicalmente ampio, un’attenzione a testo, libro e documenti coevi permetta di rinvenire dettagli che possono dimostrarsi cruciali per una resa efficace, in particolare di quei testi che —non solo per distanza cronologica— appaiono essere lontani dalla sensibilità e dalla cultura del nostro tempo.
Quando l'abito non fa il monaco: un esperimento di traduzione dalle poesie inglesi di Tommaso Moro
BAJETTA C.M.
2008-01-01
Abstract
Lo ricordava già Plinio il giovane: ciò che può sfuggire ad una normale lettura, difficilmente sfugge quando si traduce un testo. Se il brano con cui il traduttore si cimenta è un classico antico e moderno, ogni nuova traduzione può comportare una scoperta di elementi che la critica tradizionale non ha saputo rintracciare: significati che emergono solo attraverso quella singolare lente d’ingrandimento semantica che è il processo traduttivo. L’intensa focalizzazione sull’originale e sulla sua versione in una lingua differente, l’impegnativa riflessione che il lavoro del traduttore implica, d’altro canto, possono anche spingere ad una concentrazione sul testo che non di rado rischia di essere totalizzante. Ciò che avviene —e lo sa bene chi ha lavorato su opere di dimensioni cospicue— è che ci si concentra sulla pagina, sulla frase o sul paragrafo, per poi magari scorrere testo di partenza e traduzione per ritrovare come si è resa un’espressione simile in precedenza. Quasi paradossalmente, però, quello che si rischia di tralasciare è il contesto “fisico” dell’opera, il volume che ci sta di fronte (spesso, ma non sempre, un’edizione critica) nella sua totalità. L’esperienza di traduzione dalle Poesie inglesi di Tommaso Moro, come si intende illustrare, dimostra come un approccio più radicalmente ampio, un’attenzione a testo, libro e documenti coevi permetta di rinvenire dettagli che possono dimostrarsi cruciali per una resa efficace, in particolare di quei testi che —non solo per distanza cronologica— appaiono essere lontani dalla sensibilità e dalla cultura del nostro tempo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.