Introduzione In accordo con Kagan (2008), negli ultimi due decenni, le asserzioni sulla continuità o discontinuità nello sviluppo, propende sempre più a favore della continuità. Tale tendenza affonda le proprie radici nella tradizione innatista, i cui sostenitori, a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, hanno cercato di dimostrare le straordinarie abilità degli infanti e la loro apparente connessione con le forme mentali più tardive. Secondo Kagan il supporto alla continuità dello sviluppo è esagerato, in quanto il fatto che i bambini mostrino un incremento quantitativo di prestazione in un determinata abilità non implica necessariamente un incremento quantitativo della sottostante competenza. In primo luogo, l‘abilità dei bambini di utilizzare complesse reti semantiche è qualitativamente diversa dall‘utilizzo di schemi percettivi di fissazione da parte degli infanti. Secondariamente, i dati empirici sulle competenze precoci sono in gran parte ottenuti da una singola misura di prestazione, il tempo totale di fissazione, che è soggetta a una quantità enorme di influenze spesso trascurate dai ricercatori interessati a dimostrarle. Metodo Al fine di affrontare il problema della continuità/discontinuità si sono confrontati i modelli di sviluppo classici con quelli dinamici nel considerare e definire la relazione tra competenza e prestazione. Le teorie dello sviluppo classiche separano gli aspetti statici, che descrivono gli stati e la sequenza di stati in cui il sistema può trovarsi, dagli aspetti dinamici, concernenti i meccanismi che producono il cambiamento, dagli aspetti empirici, che circostanziano il cambiamento per domini di applicazione. Tale distinzione riporta al problema della relazione competenza-prestazione. In accordo con le teorie classiche, la competenza è un attributo stabile dell‘individuo, mentre la prestazione è dipendente dal contesto, più fluttuante e soggetta a cambiamenti a breve termine. In generale, i metodi statistici usati per rilevare le leggi generali che governano il comportamento si basano su due principi generali: 1) le cause sono proporzionali agli effetti che producono; 2) sono necessarie numerose misurazioni per giungere a conclusioni valide e realistiche. L‘assunto è che le misure statistiche possano essere usate per superare le differenze tra intra- inter- individuali e rivelarne gli aspetti comuni, ritenendo la media di una proprietà come indice di cause costanti e le fluttuazioni attorno ad essa dovute a cause accidentali. D‘altro canto, i modelli di sviluppo dinamici sembrano essere particolarmente adatti a far fronte ad entrambi le questioni poste da Kagan, fornendo gli strumenti per distinguere, da un lato, i prodotti dello sviluppo, le abilità e le prestazioni, dalle regole che lo producono, dall‘altro, i diversi meccanismi sottostanti, trattando la mente come un sistema complesso caratterizzato dall‘interazione non-lineare di un gran numero di componenti e dalla capacità di auto-organizzarsi (Van Geert & Steenbeek, 2005). Laddove nella ricerca classica si cerca di trovare i meccanismi come cause del cambiamento, scopo primario dei modelli dinamici è catturare le leggi e le forme di cambiamento nel tempo. La non linearità presuppone che le cause non siano proporzionali agli effetti, i quali dipendono dal contesto e dal momento in cui le cause co-occorrono. Prestazioni e competenze sono contesto- e persona-dipendenti, e dunque fluttuanti entrambi nel tempo. Ne segue che l‘irregolarità può essere una proprietà intrinseca di un determinato processo e non un fattore imposto sul processo da concomitanti fattori indipendenti. Discussione Sebbene non specificatamente interessate ai meccanismi psicologici, le teorie di sviluppo dinamiche devono tuttavia renderne nella spiegazione generale delle interazioni dinamiche postulate. A tale scopo particolarmente utile appare essere la metafora della mente come ecosistema proposta di van Geert (1991), il quale considera la mente come un sistema di competenze discernibili in elementi strutturali, o componenti, (quali capacità, concetti, regole, …) che si trovano a determinato livello di crescita e interagiscono reciprocamente tra di loro. In accordo a tale metafora, Van Geert postula che le diverse componenti siano in competizione tra loro per risorse mentali limitate. Ogni componente può avere un proprio livello di crescita e sono funzionalmente relazionate in accordo a una delle seguenti possibilità: supportiva (la crescita di una supporta la crescita dell‘altra), competitiva (la crescita di una è a scapito dell‘altra), neutrale (nessuna relazione) o condizionale (la presenza di una è necessaria per l‘emergenza dell‘altra). La mente, come ecosistema, ha tuttavia scambi e si relaziona con l‘ambiente esterno, e ciò influisce a sua volta sul livello di crescita delle singole componenti che la formano. Implicazioni teoriche e pratiche del modello verranno descritte e discusse. Bibliografia Kagan, J. (2008). In defense of qualitative changes in development. Child Development, 79, 1606-1624 Van Geert, P. (1991). A dynamic sistems model of cognitive and language growth. Psychological Review, 98, 3-53. Van Geert, P., & Steenbeek, H. (2005). A complexity and dynamic systems approach to development: Measurement, modeling and research. In Fischer, K., Battro, A., & Lena P. (Eds).: The mind, brain and education triad (2-31). Cambridge: Cambridge University Press.
Aspetti statici, dinamici ed empirici nei modelli di sviluppo dinamici
PERRUCCI V
2011-01-01
Abstract
Introduzione In accordo con Kagan (2008), negli ultimi due decenni, le asserzioni sulla continuità o discontinuità nello sviluppo, propende sempre più a favore della continuità. Tale tendenza affonda le proprie radici nella tradizione innatista, i cui sostenitori, a partire dagli anni ‘70 del secolo scorso, hanno cercato di dimostrare le straordinarie abilità degli infanti e la loro apparente connessione con le forme mentali più tardive. Secondo Kagan il supporto alla continuità dello sviluppo è esagerato, in quanto il fatto che i bambini mostrino un incremento quantitativo di prestazione in un determinata abilità non implica necessariamente un incremento quantitativo della sottostante competenza. In primo luogo, l‘abilità dei bambini di utilizzare complesse reti semantiche è qualitativamente diversa dall‘utilizzo di schemi percettivi di fissazione da parte degli infanti. Secondariamente, i dati empirici sulle competenze precoci sono in gran parte ottenuti da una singola misura di prestazione, il tempo totale di fissazione, che è soggetta a una quantità enorme di influenze spesso trascurate dai ricercatori interessati a dimostrarle. Metodo Al fine di affrontare il problema della continuità/discontinuità si sono confrontati i modelli di sviluppo classici con quelli dinamici nel considerare e definire la relazione tra competenza e prestazione. Le teorie dello sviluppo classiche separano gli aspetti statici, che descrivono gli stati e la sequenza di stati in cui il sistema può trovarsi, dagli aspetti dinamici, concernenti i meccanismi che producono il cambiamento, dagli aspetti empirici, che circostanziano il cambiamento per domini di applicazione. Tale distinzione riporta al problema della relazione competenza-prestazione. In accordo con le teorie classiche, la competenza è un attributo stabile dell‘individuo, mentre la prestazione è dipendente dal contesto, più fluttuante e soggetta a cambiamenti a breve termine. In generale, i metodi statistici usati per rilevare le leggi generali che governano il comportamento si basano su due principi generali: 1) le cause sono proporzionali agli effetti che producono; 2) sono necessarie numerose misurazioni per giungere a conclusioni valide e realistiche. L‘assunto è che le misure statistiche possano essere usate per superare le differenze tra intra- inter- individuali e rivelarne gli aspetti comuni, ritenendo la media di una proprietà come indice di cause costanti e le fluttuazioni attorno ad essa dovute a cause accidentali. D‘altro canto, i modelli di sviluppo dinamici sembrano essere particolarmente adatti a far fronte ad entrambi le questioni poste da Kagan, fornendo gli strumenti per distinguere, da un lato, i prodotti dello sviluppo, le abilità e le prestazioni, dalle regole che lo producono, dall‘altro, i diversi meccanismi sottostanti, trattando la mente come un sistema complesso caratterizzato dall‘interazione non-lineare di un gran numero di componenti e dalla capacità di auto-organizzarsi (Van Geert & Steenbeek, 2005). Laddove nella ricerca classica si cerca di trovare i meccanismi come cause del cambiamento, scopo primario dei modelli dinamici è catturare le leggi e le forme di cambiamento nel tempo. La non linearità presuppone che le cause non siano proporzionali agli effetti, i quali dipendono dal contesto e dal momento in cui le cause co-occorrono. Prestazioni e competenze sono contesto- e persona-dipendenti, e dunque fluttuanti entrambi nel tempo. Ne segue che l‘irregolarità può essere una proprietà intrinseca di un determinato processo e non un fattore imposto sul processo da concomitanti fattori indipendenti. Discussione Sebbene non specificatamente interessate ai meccanismi psicologici, le teorie di sviluppo dinamiche devono tuttavia renderne nella spiegazione generale delle interazioni dinamiche postulate. A tale scopo particolarmente utile appare essere la metafora della mente come ecosistema proposta di van Geert (1991), il quale considera la mente come un sistema di competenze discernibili in elementi strutturali, o componenti, (quali capacità, concetti, regole, …) che si trovano a determinato livello di crescita e interagiscono reciprocamente tra di loro. In accordo a tale metafora, Van Geert postula che le diverse componenti siano in competizione tra loro per risorse mentali limitate. Ogni componente può avere un proprio livello di crescita e sono funzionalmente relazionate in accordo a una delle seguenti possibilità: supportiva (la crescita di una supporta la crescita dell‘altra), competitiva (la crescita di una è a scapito dell‘altra), neutrale (nessuna relazione) o condizionale (la presenza di una è necessaria per l‘emergenza dell‘altra). La mente, come ecosistema, ha tuttavia scambi e si relaziona con l‘ambiente esterno, e ciò influisce a sua volta sul livello di crescita delle singole componenti che la formano. Implicazioni teoriche e pratiche del modello verranno descritte e discusse. Bibliografia Kagan, J. (2008). In defense of qualitative changes in development. Child Development, 79, 1606-1624 Van Geert, P. (1991). A dynamic sistems model of cognitive and language growth. Psychological Review, 98, 3-53. Van Geert, P., & Steenbeek, H. (2005). A complexity and dynamic systems approach to development: Measurement, modeling and research. In Fischer, K., Battro, A., & Lena P. (Eds).: The mind, brain and education triad (2-31). Cambridge: Cambridge University Press.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.